Sull’onda lunga della Catalogna, anche Veneto e Lombardia hanno deciso di promuovere un referendum consultivo per chiedere che venga dato maggiore potere alle due regioni soprattutto in termini fiscali. Nulla a che vedere, sia chiaro, con la bagarre che si è scatenata a Barcellona e che sta ancora tenendo banco nella penisola iberica. Non si tratta infatti di un modo per chiedere l’indipendenza ma, come detto, solo di un tentativo di ricevere maggiore autonomia decisionale rispetto ad alcune materie. Il referendum dunque, promosso Domenica scorsa dalle due regioni del Nord Italia, ha fatto registrare una buona affluenza alle urne: in Veneto, infatti, è stato raggiunto il quorum con il 60% dei votanti, mentre in Lombardia, dove il quorum non era previsto, l’affluenza si è attestata attorno al 40%. In entrambi i casi ha vinto il Sì, che ha avuto così l’effetto di dare il via alle trattative fra il Governo e le due regioni in questione.
Sia Roberto Maroni che Luca Zaia, i presidenti rispettivamente di Lombardia e Veneto, hanno subito lanciato la provocazione dello statuto speciale. Non si sa se si sia trattato più di una boutade o di una esternazione da campagna elettorale, fatto sta che questa ipotesi è immediatamente da scartare. Va detto subito che nell’immediato non ci saranno stravolgimenti. Trattandosi infatti di referendum consultivo, il valore dello stesso è da considerarsi prettamente politico e, pur comprendendo argomenti importanti, non va a toccare in toto l’autonomia fiscale delle due regioni.

Ecco tutte le materie comprese nel referendum

In tutto sono 23 le materie che interessano la questione, vale a dire: rapporti internazionali e con l’Ue delle Regioni; commercio estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; professioni; ricerca scientifica e tecnologica; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali; casse di risparmio, casse rurali e aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario regionali. Le ultime tre riguardano invece l’organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione e la tutela dell’ambiente. In definitiva dunque, la richiesta di Veneto e Lombardia è di conservare sul territorio regionale maggiori risorse finanziarie derivanti da imposte locali. Una pretesa non certo di poco conto e sicuramente difficile da assecondare. Ma, come detto, le trattative sono appena cominciate.
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Di Redazione

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