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Si riaccende la protesta contro Orbán. Almeno 10mila persone sono scese in piazza a Budapest, il 5 gennaio, per manifestare contro la cosiddetta «legge schiavitù» approvata dal governo a dicembre (incremento degli straordinari fino a 400 ore l’anno) e le sterzate autoritarie dell’esecutivo di Orbán. Nel mirino c’è anche una riforma del sistema giudiziario che mina l’indipendenza della magistratura, portando i giudici della corte suprema sotto la supervisione del governo. Il presidente della Federazione sindacale unitaria ungherese,
Laszlo Kordas, ha annunciato che le parti sociali presenteranno al governo un pacchetto di richieste che include salari più alti e un sistema di pensionamento più flessibile.
Se il governo rifiuterà il dialogo, ha detto Kordas, sarà indetto uno sciopero generale il 19 gennaio. La mobilitazione ha coinvolto anche i parlamentari delle forze di opposizione. «Il governo Orban ha tradito il suo popolo, i lavoratori. Ed è così venuto il tempo della rivolta», ha dichiarato Ferenc
Gyurcsany, presidente del Partito democratico. L’esecutivo, per ora, non mostra segni di apertura. Il portavoce Istvan Hollik ha dichiarato che la mobilitazione sarebbe «foraggiata da George Soros», il filantropo di origine ungherese finito nel mirino di tutte le sigle populiste europee.
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Di Redazione

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