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Imane Fadil, la modella marocchina di 34 anni, la cui testimonianza era fondamentale nell’inchiesta sul caso Ruby e sulle serate di Silvio Berlusconi ad Arcore, è morta lo scorso primo marzo all’Humanitas di Rozzano dove è stata ricoverata, per un mese, in terapia intensiva e poi in rianimazione.
Secondo quanto emerso dagli esiti degli esami tossicologici, la donna è morta a causa di un “mix di sostanze radioattive”, per questo la Procura di Milano ha ipotizzato che si tratti di omicidio volontario.
L’avvocato della giovane modella, Paolo Sevesi, non ha dubbi: “certamente non si è suicidata” perché non è stata “mai depressa” anzi “combattiva fino all’ultimo” e “semmai era sovratono”.
E i sintomi di avvelenamento sono riportati nella cartella clinica che è stata sequestrata: la donna ha accusato forti dolori al ventre e gonfiori e “cedimento progressivo degli organi”, e dopo un mese da quando venne ricoverata il 29 gennaio, è entrata in coma senza più risvegliarsi.
A dare la notizia della sua morte è stato il procuratore milanese Francesco Greco che ha assicurato che poiché il caso di Imane “è una vicenda seria”, sarebbero state svolte delle “indagini rapide e approfondite”.
L’articolo Iman Fadil, l’accusatrice di Berlusconi è morta avvelenata: il suo libro che contiene la sua ricostruzione è in mano ai pm

Di Redazione

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