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Materiali simbolo globalizzazione e ferite della storia


I caselli daziari di Porta Venezia rivestiti da sacchi di juta: è l’installazione ‘A Friend’ dell’artista ghanese Ibrahim Mahama, curata da Massimiliano Gioni per la fondazione Nicola Trussardi in occasione dell’Art e della Design Week milanesi.
Attraverso la ricerca e la trasformazione dei materiali, Mahama indaga temi come la migrazione, la globalizzazione e la circolazione delle merci e delle persone. I sacchi sono elementi fondamentali della sua ricerca: simbolo dei mercati del Ghana, sono fabbricati in Asia e importati in Africa per il trasporto su scala internazionale di merci. Strappati, rattoppati e marcati, i sacchi con le loro cuciture raffazzonate diventano garze che tamponano le ferite della storia, simbolo di conflitti e drammi che da secoli si consumano all’ombra dell’economia globale. I sacchi di Mahama racchiudono allo stesso tempo un significato più nascosto che riguarda la forza lavoro che si cela dietro la circolazione internazionale delle merci. Il sacco di juta, spiega l’artista, “racconta delle mani che l’hanno sollevato, come dei prodotti che ha portato con sé, tra porti, magazzini, mercati e città. Le condizioni delle persone vi restano imprigionate. E lo stesso accade ai luoghi che attraversa”. Per assemblare i sacchi, spesso Mahama collabora con migranti provenienti da zone urbane e rurali in cerca di lavoro, senza documenti né diritti, vittime di un’esistenza nomade e incerta che ricorda le condizioni subite dagli oggetti utilizzati nelle proprie opere.
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Di Redazione

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